domenica 28 agosto 2011

Lettera aperta alla dott.ssa Rosalba Liso, Giudice dell’Udienza Preliminare, Tribunale di Roma

Signora  Giudice Liso,
nelle motivazioni della sentenza del mio rinvio a giudizio, depositate il 22 aprile 2011, relative al procedimento fondato sulla mia passata attività di mercante d’Arte, residente e operante in Svizzera, Ella afferma:
“… le dichiarazioni acquisite sui rapporti del Becchina con il noto Matteo Messina Denaro, etc.” Premetto subito che, ferma restando la mia protesta per tale Sua attestazione, è ben lungi da me ogni intenzione di  voler entrare nel merito della sentenza. Il dibattimento che sta per iniziare servirà a far luce su ogni altro punto della vicenda.
Quanto all’accostamento che Ella ha fatto, tra me e il Messina Denaro (col risultato di etichettarmi veramente in malo modo), non posso che manifestarle il mio indignato stupore per il Suo riferimento a  dichiarazioni … inesistenti. È proprio così, signora Giudice, non c’è traccia nel relativo corposo fascicolo processuale di tali supposte dichiarazioni: ne è traccia, infatti, soltanto nelle vaghe allusioni contenute in articoli di stampa ad effetto e anche in pretenziose fatiche letterarie, opera di mercenari della carta stampata. Di conseguenza, devo arguire  che la sua asserzione non è dipesa da una attenta lettura degli atti processuali, bensì da quella degli articoli di stampa. Articoli e scritti in cui, in sintesi, si traggono conclusioni dal fatto che, al pari di Messina Denaro, sono nato a Castelvetrano e dal fatto che Messina Denaro e qualche altro castelvetranese ha viaggiato in Svizzera “… dove c’è Becchina”. Da una più attenta consultazione degli atti processuali Ella avrebbe potuto apprendere che proprio nella spasmodica ricerca di mie connessioni mafiose - vitali per l’inchiesta nonché date per scontate alla luce delle mie origini - gli  inquirenti hanno passato in rassegna tutto il Gotha dei pentiti di mafia, o collaboratori di giustizia che siano, senza ottenere conferma alcuna alle loro aspettative: nessuno degli interpellati ha dichiarato di conoscermi e tantomeno ha potuto fornire altro genere di informazioni sul mio conto.
Il fatto che uno di questi abbia raccontato di aver avuto incarico da Messina Denaro di rubare il  Satiro in bronzo di Mazara del Vallo, non vedo proprio come possa prestarsi a certe velate allusioni di mie complicità con l’universo mafioso. E come non sottolineare l’implicita contraddizione fra il sostenere l’importanza del Becchina nel mercato dell’Arte, per poi accostarlo al progetto di un’eventuale folle acquisizione di un capolavoro universalmente conosciuto?!
Ma quest’ultima considerazione conta poco o nulla. Il fatto grave rimane il suo placet ad una colossale falsità, e l’aver segnato una pagina ingloriosa per la Giustizia.

Castelvetrano  16 giugno 2011



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