sabato 6 febbraio 2010

La mia odissea in aeroporto

le lettere
La mia odissea in aeroporto
Gianfranco Becchina
Castelvetrano

Qualche sabato fa, ore 21,15 circa, arrivo da Zurigo con un volo Air One arrivo all' aeroporto Falcone-Borsellino. I soliti problemi con lo sbarco (scala e bus che non arrivano) e con la ressa inumana nell' angusto locale del controllo passaporti, tutt' uno con quello del ritiro bagagli.
Detto per inciso, pur volendo avere la massima comprensione per i lavori di ammodernamento in corso, mi chiedo fino a che punto si può infliggere alle persone tanta tortura neppur minimamente lenita dagli addetti che, poveri diavoli, fanno quello che possono con i mezzi dei quali dispongono. Sorvolando dunque sulla povertà di requisiti di questo nostro scalo aeroportuale, mi soffermo su quel che mi è accaduto all' atto del controllo di polizia. Venuto finalmente il mio turno, presento il mio documento italiano di identità all' agente il quale, forse perché impressionato dalla mia stanchezza, decide di interrogare il magico monitor. Apriti cielo. I suoi occhi saltavano continuamente dal video alla mia faccia, e viceversa. Di tutta evidenza aveva l' aria poco convinta; sicuramente stava chiedendosi come mai quel che leggeva sullo schermo non avesse determinato un qualunque provvedimento che mi impedisse di circolare. Essendo questo stesso un cruccio a me familiare da ormai 15 anni, col prolungarsi dell' attesa venivo assalito dal timore che quella sera e chissà per quante altre ancora non avrei dormito nel mio letto. E tante mie belle certezze svanivano nella consapevolezza che tutto può succedere se il rullo compressore della macchina investigatrice ti vuole, a ogni costo, mafioso o con la mafia sodale. Non dico del disagio che intanto provavo nel sentirmi scrutato dai passeggeri e sommerso dai commenti che immaginavo affollassero le loro menti. L' operazione di controllo non accennava a terminare. Eravamo alla fase degli appunti: di che genere? Giorno e ora del mio passaggio, suppongo. Finalmente una domanda. «Dove risiede?». «A Basilea», la mia pronta risposta. «Quando rientra?». «Quando mi pare», la mia istintiva replica malamente apprezzata dall' agente al quale ho cercato di far capire che stava travalicando i suoi poteri e il rispetto della mia riservatezza. Dovevo pur offrire alla folla che sbuffava dietro di me (un po' anche contro di me) un minimo di diversivo, giusto per alleviare il loro supplizio o forse per dar prova di esserci anch' io. Perché racconto tutto questo? Probabilmente per essere confortato nella mia convinzione che ci deve poter essere un modo meno umiliante di predisporre i controlli alle frontiere. E che i processi si fanno in tribunale. Giammai nelle barriere aeroportuali, dove dovrebbe essere sufficiente la verifica della libertà di movimento del passeggero o cittadino che sia, piuttosto che la disamina estenuante, seppur silenziosa, delle sue vicende sub iudice. Noncuranti della sensibilità di ognuno e del maggior disagio degli altri, spettatori loro malgrado. Non si potrebbe, per esempio, se l' approfondimento del controllo è indifferibile, farlo con migliore riguardo per tutti nel più riservato ufficio di polizia? Teatro e politica nella Sicilia di Totò Maria Avanzini San Giuliano Terme (Pisa) Dodici agosto 2004, ore 21,30, nel teatrino del Villaggio della gioventù di Raffadali, paese dell' entroterra agrigentino, va in scena "Pene d' amore" un recital di poesie d' amore accompagnate da musiche e canzoni. La proposta mi appare allettante e insieme con un gruppo di amici decidiamo che vale pena di allontanarci dalle spiagge di San Leone, dove siamo in vacanza, per trascorrere una serata estiva un po' diversa. Lo spettacolo, sostenuto da attori di apprezzabile professionalità, come Fabio Testi, Lucia Chirico e Raffaello Converso, scorre gradevolmente tra poesie di Dante, di Garcia Lorca, di Catullo e altri e un repertorio scelto tra le più romantiche canzoni napoletane d' autore. Calorosi applausi sottolineano l' apprezzamento dei presenti sia durante che alla fine dello spettacolo che si conclude in un clima di piacevole scambio comunicativo tra gli attori e il pubblico. A questo punto un gruppetto di spettatori in prima fila inizia strane manovre per invitare la brava Lucia Chirico a recitare qualcosa in onore del governatore della Sicilia Totò Cuffaro, originario di Raffadali, un pezzo scritto su un foglio che viene consegnato. L' attrice dà una rapida occhiata al testo e, visibilmente imbarazzata, si schernisce, tergiversa, quindi sventolandola misteriosa cartuscella, ammicca: «Ora reciterò una cosa scelta da me, poi, se verrà il presidente Cuffaro, leggerò questo». Lucia Chirico ci regala così una notevolissima interpretazione da "A livella", di Totò (leggasi Antonio De Curtis e non Totò Cuffaro) e, credendo di aver soddisfatto tutti, sta per lasciare il palcoscenico quando dal solito gruppetto in sala le viene intimato di leggere il pezzo anche se il presidente non è presente. La "sventurata" inizia così a recitare una preghiera, scritta in forma poetica dall' altro Totò (leggasi Totò Cuffaro e non Antonio De Curtis) che invoca la benedizione della Vergine Maria sull' amata Sicilia. Io sconcertata, mi guardo intorno, incrocio lo sguardo di un amico mentre lascia la sala e anch' io realizzo in pochi secondi che l' unica cosa da fare per manifestare la mia indignazione è alzarmi e lasciare il teatro. Forse il governatore Cuffaro ignora quanto sta accadendo, forse è solo piaggeria di qualche "suddito" siciliano, ma non posso escludere che si tratti di una manifestazione di arroganza del potere, di ricerca di consenso, una espressione del "regime" in cui viviamo. Secondo me è comunque certo che il superficiale e tollerante silenzio che ha accompagnato la performance poetico-religiosa equivale a una sostanziale accettazione di un modo di fare politica in Sicilia tale da non esitare a strumentalizzare anche la religione. Avanzo una proposta provocatoria all' entourage del governatore Cuffaro: inserire lo studio della preghiera di Totò (Cuffaro) nelle scuole siciliane di ogni ordine e grado (l' autonomia regionale lo consentirebbe) per far sì che, conosciuta e recitata giornalmente da tutti i siciliani, non sarà più necessario proporla negli spettacoli teatrali ai quali, purtroppo, a volte assistono anche ignari e malcapitati turisti.



Nessun commento:

Posta un commento